Disturbi psichici nell’epilessia

Tratto liberamente da
Manfredi GW, Giallonardo AT e Manfredi M, Confinia Psychiatrica 1:31, 2006 e Boll LICE 121/122: 385, 2003.

      La prevalenza dei disturbi psichici nei pazienti con epilessia varia a seconda della popolazione studiata (pazienti in strutture di 1° livello contro pazienti in Centri prechirurgici), della categoria di disturbo preso in considerazione (disturbi di personalità contro disturbi cognitivi contro psicosi) e delle modalità di accertamento (revisione di cartelle cliniche contro questionari contro colloquio psichiatrico). In rapporto alla struttura di reclutamento il tasso di prevalenza (cioè il numero di soggetti nella popolazione in esame) varia perciò dallo 0,6% (pazienti afferenti a strutture di 1° livello) al 27% (pazienti afferenti a Centri per l’epilessia) al 45% (pazienti candidati al trattamento chirurgico) (Fiordelli et al, Brit J Psychait 163: 446,1993), una dispersione eccessiva ma tuttavia indicativa. Rispetto ad altre patologie croniche, la prevalenza appare comparabile fra pazienti con epilessia temporale (22,9%), pazienti con sclerosi multipla (19,3%) e maggiore rispetto a patologie sicuramente più gravi come la sclerosi laterale amiotrofica (4,8%) (Schiffer e Babogian, Arch Neurol 41:1067,1984).

Tipi di disturbi psichici

      Le categorie di patologia psichiatrica sono molto differenziate e i meccanismi che le sottendono incidono in maniera differente nelle varie categorie patologiche.

Disturbi di personalità

      È stato ripetutamente osservato nei pazienti con epilessia un tipo di personalità caratterizzata da coinvolgimenti profondi in questioni spirituali, religiose e con risvolti etici, una tendenza alla precisione minuziosa e alla ripetizione dettagliata degli eventi e alle descrizioni circonstanziate delle proprie idee e esperienze - specialmente dei propri disturbi - e da mancanza di umorismo. I pazienti iniziano il resoconto e proseguono nel racconto come se non fosse per loro possibile staccarsi da quel giro di idee, aspetto che viene definito “vischioso” e che compare maggiormente nelle epilessie del lobo temporale. Questo tipo di disturbo ha ricevuto il nome di due autori che lo hanno discusso, Norman Geschwind e Henry Gastaut. È abbastanza frequente il riscontro di una tendenza a trasferire sintomi e problemi in descrizioni scritte, con l’aiuto di grafici e disegni, segno denominato “ipergrafia”. Altri mostrano labilità e inconsistenza nel riferire gli eventi e appaiono suggestionabili e immaturi.

Aggressività

      Bisogna distinguere i comportamenti aggressivi che possono emergere durante le crisi dalle condotte abitualmente violente. Nel corso degli attacchi epilettici confusionali, in cui la coscienza e il controllo del comportamento sono offuscati, il paziente compie gesti e mette in opera comportamenti automatici; se viene contrastato in maniera impropria la reazione può essere aggressiva (a un nostro paziente, fermato dalla forza pubblica durante una crisi, è stata contestata la resistenza a un pubblico ufficiale, con relativa condanna). Nelle crisi che avvengono in laboratorio i comportamenti aggressivi sono possibili e non rari, ma controllabili da un adeguato approccio, che non è però agevole ritrovare quando la crisi avviene in luoghi pubblici, in mezzo a persone del tutto impreparate, sorprese e spaventate da un evento inatteso. La liberazione di comportamenti aggressivi è più frequente quando la scarica epilettica coinvolge l’amigdala, un nucleo grigio in stretto contatto con le strutture dell’ippocampo, nel lobo temporale.

      Circa i comportamenti violenti o criminosi tenuti nei periodi intercritici, come condotta abituale, vi sono segnalazioni di stupri, incendi dolosi e anche omicidi, ma la loro frequenza non appare diversa da quella della popolazione generale (Scott, Postgrad Med J 44:319,1968). Nei comportamenti criminosi hanno rilevanza statistica un quoziente intellettivo basso, l’inizio precoce delle crisi, il sesso maschile e una storia di disturbi comportamentali (Herzberg e Fenwick, Brit J Psychiat 153:50, 1988).

Psicosi

      Le psicosi interictali (fra una crisi e l’altra) sono di aspetto schizofrenico, con esordio di solito subacuto, ideazione paranoide spesso centrata su tematiche religiose, allucinazioni uditive e visive, disturbi del pensiero (incoerenza, blocco, inserimento di pensieri alieni, intuizioni deliranti, furto del pensiero). Assai meno che nella schizofrenia si sviluppa appiattimento della affettività e ritiro sociale, sintomi cosiddetti “negativi”, mentre molto ricche sono le produzioni allucinatorie. Le psicosi compaiono nei pazienti con epilessia con una frequenza maggiore che nella popolazione generale e possono ricorrere episodicamente. Talora esordiscono dopo una serie di crisi, ma in altri casi appaiono come una sorta di sostituzione delle crisi e si sviluppano in periodi di quiescenza degli attacchi epilettici, in coincidenza con un miglioramento dell’EEG (“normalizzazione forzata” di Landolt). Questo evento è stato segnalato specialmente dopo soppressione delle scariche di Punta-Onda del Piccolo-male mediante il farmaco succinimide. Il disturbo psichico, che assume vari aspetti, regredisce con la ricomparsa di una crisi.

Stati depressivi

      Sono frequenti (Kobau et al Epilepsia, 47:1915, 2006) e si manifestano con irritabilità, perdita degli interessi, riduzione della attività, ansia, fobie, insonnia, talora inframezzati da fasi euforiche. Sono più frequenti nelle fasi più gravi della patologia epilettica. Non differiscono dagli stati depressivi di altre patologie organiche.

Suicidio

      I pazienti epilettici sono esposti a un aumento del rischio di suicidio, soprattutto nel periodo successivo alla diagnosi. Rispetto alla popolazione generale il rischio risulta triplicato, e maggiore nei soggetti che hanno ricevuto diagnosi di epilessia negli ultimi sei mesi e con un’anamnesi positiva per disturbi psichiatrici. Anche il parasuicidio, cioè gli atti di autoaggressività senza la reale intenzione di uccidersi (una volta denominati meno correttamente “tentato suicidio”), sono più frequenti nei pazienti con epilessia (Hawton, Prevention in psychiatry, London, Gaskell, 1994).

Meccanismi patogeni generali

Patologia organica di base

      La patologia organica alla base della epilessia condiziona l’evoluzione e le manifestazioni cliniche delle epilessie parziali cosiddette sintomatiche. Il lato del focolaio sembra rilevante sia per le psicosi sia per i disturbi di personalità, più frequenti nei focolai a sinistra. Anche la natura della lesione sembra influente, ed è stato rilevato nei casi sottoposti a chirurgia una correlazione fra disturbo psichico e presenza di tessuti tumorali a lentissimo sviluppo (displasie neuroepiteiali e gliomi da basso grado) che potrebbero alterare le relazioni sinaptiche durante lo sviluppo. La estensione e il numero delle lesioni sono di rilievo poiché condizionano la attività cognitiva e riducono i meccanismi di difesa.

Tipo di epilessia

      Vi è generale consenso nel ritenere l’epilessia del lobo temporale la forma che favorisce maggiormente la comparsa di disturbi psichici. Due condizioni appaiono caratteristiche di questa localizzazione, i disturbi di personalità e le psicosi schizofreniformi. È stata ipotizzata una condizione neurofisiologica particolare: il trasferimento compulsivo delle esperienze sensoriali al sistema che regola le emozioni (“iperconnettività sensorilimbica”; Bear, Cortex 15:357, 1959). Inoltre, nelle crisi del lobo temporale compaiono frequentemente esperienze soggettive (“le aure”) di ansia, paura o depressione, che possono generare dubbi diagnostici con gli attacchi di panico.

Effetto delle scariche epilettogene

      Le scariche EEG interictali, cioè fra una crisi e l’altra, specialmente se generalizzate e prolungate, compromettono la attività cognitiva. È sufficiente far contare il soggetto durante un esame per rilevare ritardi e omissioni durante una scarica di punta-onda. Scariche numerose compromettono il rendimento scolastico così come la abilità nella guida. Maggiormente rilevanti sono le scariche che si traducono in crisi cliniche (scariche ictali), soprattutto se coinvolgono le aree cerebrali associative (le zone del cervello più rilevanti per l’elaborazione del pensiero) e se le manifestazioni cliniche comportano convulsioni generalizzate e cadute. La crisi convulsiva è un evento impegnativo per il cervello, che consuma molta energia e esaurisce le risorse metaboliche dei neuroni; stimolano inoltre la secrezione ormonale di prolattina, con effetto riduttivo sulle funzioni sessuali. Le cadute aggiungono il rischio del trauma cranico e talora le modificazioni estetiche delle fratture nasali.

Effetto delle terapie

      Nelle terapie con farmaci e dosi corrette l’effetto positivo della mancanza di crisi si traduce in un benessere anche psichico. Se il carico farmacologico è inutilmente eccessivo gli effetti collaterali possono annullare molti vantaggi. Gli effetti più comuni sono di tipo sedativo e si traducono in sonnolenza eccessiva, stanchezza, calo del tono dell’umore e del rendimento. Per alcuni farmaci (vigabatrin) sono descritte attivazione della psicosi e reazioni depressive, per altri (levetiracetam) nervosismo e irritabilità. L’interferenza della terapia sull’equilibrio psicologico si manifesta in molte maniere. Nei bambini che assumono barbiturici può comparire uno stato di iperattività motoria poco controllabile che ostacola la permanenza in classe; limitante anche, nei bambini che frequentano la scuola, l’aumento della salivazione che può avvenire con clonazepam. In tutti i soggetti che iniziano fenitoina in età giovanile può comparire nel lungo periodo una ipertrofia delle gengive e dei tessuti delle labbra e del naso, con un effetto cosmetico che ha contribuito allo stigma dell’epilessia. Molti farmaci (vigabatrin e valproato specialmente, ma anche carbamazepina, clobazam, gabapentin, pregabalin) determinano aumento di peso; solo alcuni (topiramato e talora zonisamide) tendono a diminuirlo.

      La condizione peggiore avviene quando, malgrado un carico farmacologico con più farmaci, non si riescono a controllare le crisi, poiché si sommano gli effetti negativi delle crisi e gli effetti collaterali della terapia. In non pochi casi è necessario persuadere pazienti e parenti ad una condotta terapeutica più prudente, accettando la presenza delle crisi. Soprattutto in questi pazienti (soggetti con epilessie farmacoresistenti) vanno valutate tutte le possibilità di terapie alternative, specie di tipo chirurgico.

Fattori psicosociali

      L’elenco delle problematiche suscitate dall’epilessia è lungo. I fattori più importanti sono le limitazioni alla istruzione scolastica a causa della segregazione subita, anche involontariamente, da parte di compagni e insegnanti. L’insicurezza vitale generata dall’attesa della crisi tiene in ansia il paziente, e crea un disagio nell’ambiente domestico, scolare e lavorativo che può manifestarsi con eccessiva protezione o con rigetto (il ben noto stigma dell’epilessia). Alle obiettive e generalmente necessarie limitazioni legate alle crisi (a cominciare dalla guida); è bene non aggiungerne di inutili, per esempio nella pratica dello sport. Solo gli sport “estremi” o quasi (nuoto subacqueo, alpinismo, paracadutismo e parapendio, canoa, surf) presentano rischi obiettivi; meno l’equitazione se il cavallo è bene addestrato. Bicicletta e sci sono rischi affrontabili con le protezioni opportune. Le prescrizioni dietetiche devono essere minime: non alcolici a stomaco vuoto, ma concessione di moderato consumo di vino durante il pasto; le limitazioni per il caffè sono illogiche poiché la caffeina aiuta a contenere la sonnolenza. Nelle situazioni ricreative è talora necessario tenere il soggetto lontano da locali con luci psichedeliche e da strumenti con luci intermittenti come alcuni videogiochi, ma la limitazione riguarda le epilessie cosiddette fotosensibili e studiando sul campo nel singolo caso il reale effetto epilettogeno. Le nuove tecnologie televisive hanno invece ridotto l’effetto provocativo sulle crisi di questo apparecchio. Alcune attività di lavoro che comportano l’uso di strumenti pericolosi (trapani, seghe elettriche, impianti elettrici) o ambienti a rischio (ponteggi, gru) sono sconsigliabili; ma le crisi che disturbano la coscienza e lasciano emergere comportamenti automatici possono essere di imbarazzo anche in una attività lavoro a contatto con il pubblico. Ogni decisione in un ambito così importante deve sempre essere discussa con il paziente e va valutata con un bilancio ragionevole di rischi e benefici.

      Molte pazienti si sentono insicure per l’uso di farmaci in gravidanza e nell’allattamento e per l’ereditarietà della condizione. Ogni caso va valutato singolarmente; in generale è buona regola generale evitare i farmaci a maggior rischio malformativo, come il valproato, nella donna in età fertile. Il timore di un’epilessia genetica riguarda naturalmente ambedue i coniugi; il rischio statistico è basso, ma è necessario un giudizio specifico sul singolo caso conoscendo in dettaglio la storia clinica personale e familiare.