Le manifestazioni cliniche e le caratteristiche EEG costituiscono gli elementi fondanti per classificare le crisi epilettiche. La classificazione internazionale, proposta nel 1981 da una apposita commissione della International League Against Epilepsy (ILAE) e in attesa di revisioni, è riportata in appendice, nella tabella 7. Qui viene utilizzata una elencazione maggiormente clinica, che segue con poche semplificazioni quella ufficiale (TABELLA 2).
Generalizzate | |
assenze tipiche | |
assenze atipiche | |
crisi miocloniche | |
crisi tonico-cloniche | |
crisi cloniche | |
crisi toniche | |
spasmi in flessione | |
crisi atoniche | |
Focali | |
semplici (senza disturbo di coscienza) | |
motorie | |
somato-sensitive | |
visive | |
uditive | |
vertiginose | |
olfattive | |
gustative | |
vegetative | |
cognitive | |
affettive | |
complesse (con disturbo di coscienza) | |
iniziale | |
dopo una fase focale lucida |
La sintomatologia clinica ed EEG coinvolge fino dall’esordio ambedue gli emisferi cerebrali. Diverse sono le espressioni cliniche.
Assenze tipiche
Sono caratterizzate clinicamente da una breve e isolata alterazione della coscienza, a esordio e fine improvvise. Il soggetto interrompe bruscamente l’attività in corso, ha lo sguardo fisso, se chiamato in genere non risponde; dopo un periodo variabile da 5 a 40 secondi riprende la propria attività come se nulla fosse accaduto. Questo nucleo centrale può essere accompagnato fenomeni motori minori quali piccole clonie periorali e/o oculari (assenze miocloniche), riduzione del tono posturale (assenze atoniche), automatismi gestuali o perseverazione motoria (assenze con automatismi); talora da segni vegetativi come perdita iniziale di urina. Tutte queste varianti cliniche si accompagnano ad un EEG critico assolutamente tipico costituito da una scarica bilaterale, sincrona e simmetrica di complessi punta-onda alla frequenza di 3 c/s (vedi FIGURA 4). Le assenze esordiscono di solito nel bambino e nell’adolescente e regrediscono fra i 15 e i 20 anni, ma possono persistere dell’adulto.
Assenze atipiche
Di maggiore durata e frequentemente accompagnate da componenti motorie toniche, atoniche o miocloniche, spesso asimmetriche, mostrano all’EEG critico anomalie simili alle assenze tipiche, ma a frequenza più bassa (2-2.5 c/s) ed associate ad attività rapide. Questo tipo di crisi è caratteristico di sindromi epilettiche a prognosi sfavorevole (per esempio le encefalopatie epilettiche) ad esordio in età infantile e in genere persistenti nell’adulto.
Crisi miocloniche
Sono caratterizzate dalla comparsa di una contrazione involontaria, improvvisa e breve (<100 msec), di un muscolo o di un gruppo di muscoli a topografia variabile (assiale, prossimale, distale), in genere bilaterale e simmetrico. Una variante meno frequente è il “mioclono negativo”, costituito da una improvvisa interruzione del tono muscolare.. Le mioclonie sia positive che negative sono fugaci e non si accompagnano da alterazioni misurabili della coscienza. Sull’EEG compare una scarica bilaterale e sincrona molto tipica costituita da più punte seguite da un’onda lenta (complessi polipunta-onda). Sono frequenti nelle sindromi generalizzate idiopatiche del bambino, dell’adolescente o del giovane adulto (epilessia mioclonica giovanile); difficilmente proseguono nell’adulto maturo, ove tuttavia possono essere sostituite da crisi tonico-cloniche. Possono ritrovarsi nelle epilessie generalizzate sintomatiche (vedi oltre), ove la prognosi è assai più oscura.
Crisi tonico-cloniche
Sono le crisi epilettiche più conosciute nell’immaginario collettivo: conosciute come “le convulsioni” e “il grande male”, sono per molti pazienti e per il pubblico “le crisi” per antonomasia. Sono usualmente caratterizzate da tre principali fasi, tonica, clonica, e postcritica. L’esordio avviene con immediata perdita di coscienza, contrazione tonica di tutta la muscolatura (durata 10-20 secondi) e caduta; è annunziata da una emissione vocale provocata dalla violenta contrazione della muscolatura respiratoria. In questa fase si verificano morso laterale della lingua, apnea con cianosi del volto e importanti disturbi vegetativi (midriasi, modifiche della pressione arteriosa, disturbi del ritmo cardiaco, ipersecrezione salivare, perdita di urina, ecc.). Segue la fase clonica (durata di circa 30 secondi) durante la quale decontrazioni muscolari intermittenti, legate alla messa in opera di circuiti inibitori, generano scosse bilaterali e sincrone che si riducono progressivamente di frequenza fino ad interrompersi. La crisi termina, ma la fase postcritica dura molti minuti o decine di minuti, in cui il soggetto continua a presentare un disturbo di coscienza, è ipotonico, con un respiro rumoroso che torna lentamente alla norma assieme al ripristino del contatto con l’ambiente. Spesso segue un sonno prolungato. Residuano dolori muscolari diffusi da rottura di fibre muscolari, cefalea e profonda stanchezza; non rara la lussazione recidivante della spalla. Negli esami di laboratorio è frequente l’aumento degli enzimi muscolari creatinkinasi e della mioglobina. L’EEG critico mostra una attività rapida reclutante di basso voltaggio, a cui seguono sequenze di complessi punta e polipunta-onda che nella fase clonica tendono progressivamente a diradarsi; segue una attività lenta postcritica, che accompagna la graduale ripresa della coscienza.
La crisi tonico-clonica è un evento traumatizzante sia per le cadute che per l’impegno cardiovascolare, respiratorio e muscolare. Può comparire in tutti i tipi di epilessia, nelle forme idiopatiche come manifestazione primaria, elettiva e talora unica, e avviene allora preferenzialmente al risveglio; nelle forme sintomatiche come manifestazione secondaria e conclusiva di una crisi focale (generalizzazione della crisi; vedi sopra). È spesso facilitata da perdite di sonno, eccessi etilici e irregolarità nella assunzione della terapia. La crisi convulsiva può essere anche l’epifenomeno di stati morbosi non epilettici, come intossicazioni acute (per esempio etiliche o da psicostimolanti), encefaliti, meningiti. Appare in questi casi come risposta neurologica generica a condizioni estreme, nella quale una scarica epilettogena comunque originata innesca la attivazione parossistica sequenziale reticolocorticale e investe l’intera corteccia, le strutture del tronco encefalico che sottendono veglia e tono muscolare e culmina in una contrazione muscolare generalizzata e nel coma. Il consumo energetico a livello neuronale e muscolare è assai elevato, e combinato con l’apnea lascia una condizione di esaurimento neuronale e di debilitazione generale.
Crisi cloniche, crisi toniche, spasmi in flessione, crisi atoniche
Sono frammenti della crisi convulsiva tonico-clonica e indicano paradossalmente in molti casi una condizione neurologica più grave, in cui un danno plurifocale o diffuso dell’encefalo sembra essere di ostacolo alla ordinata sequenza reticolocorticale della crisi convulsiva tonico-clonica. Compaiono infatti in patologie neurologiche dell’età infantile, le cosiddette encefalopatie epilettogene, associate a segni deficitari (ritardo psicomotorio, segni piramidali, distonia, ecc). Sono di solito di difficile controllo terapeutico e si prolungano spesso, con varie tipologie, nell’età adulta. Le crisi cloniche si manifestano con scosse, bilaterali, ritmiche, alla frequenza di 2-3 c/s che coinvolgono simmetricamente gli stessi distretti muscolari, associate ad un prolungato disturbo della coscienza, critico e post-critico. L’EEG critico mostra scariche bilaterali di anomalie a tipo di punta e polipunta-onda. Le crisi toniche sono caratterizzate da una contrazione muscolare protratta associata ad una breve alterazione della coscienza. Possono interessare i muscoli del collo e del capo (crisi toniche assiali), i cingoli (crisi toniche asso-rizomeliche) e anche gli arti (crisi toniche generalizzate), e provocano facilmente cadute violente e traumatiche. L’EEG mostra punte rapide ritmiche e/o polipunte, ad espressione diffusa. Gli spasmi in flessione sono una variante tonica del primo anno di vita costituiti, come dice il nome, da una improvvisa flessione del collo e del tronco con abduzione e flessione degli arti, che compaiono a raffiche e sono il preludio di epilessie gravi del bambino e dell’adulto. L’EEG mostra un tracciato disorganizzato e in corrispondenza dello spasmo una improvvisa desicronizzazione della attività di fondo. Le crisi atoniche sono costituite da una improvvisa perdita del tono posturale che può interessare solo il collo con caduta del capo, ma in genere coinvolge il tronco e gli arti e provoca improvvise e traumatiche cadute a terra. L’EEG mostra una attività rapida di basso voltaggio a espressione diffusa.
Le crisi focali (definite originariamente parziali) mostrano una semeiologia iniziale che indica l’attivazione di un’area limitata di un emisfero cerebrale, la cosiddetta zona epilettogena. I primi sintomi e segni possiedono perciò un alto valore localizzatorio, e in genere sono costituiti da una molteplicità di eventi, spesso in sequenza, espressione del circuito anatomo-funzionale interessato dalla crisi, al suo esordio e nel corso della sua propagazione. Le aree di esordio e di diffusione della crisi cambiano da paziente a paziente e nelle diverse condizioni cliniche, ma se la patologia non è evolutiva e non compromette nel tempo altre aree, la sequenza sintomatologica presenta un sostanziale monomorfismo nello stesso paziente, dimostrabile con registrazioni video successive. Se la crisi focale non investe le strutture corticali che sottendono la coscienza, e il paziente “assiste” alla sua crisi ed è in grado di descriverla. Se invece la coscienza viene compromessa il paziente “perde” molti particolari della crisi; inoltre la crisi espone a rischi molto maggiori. Il disturbo di coscienza condiziona infatti, oltre alla precisione nel riferire i sintomi critici, la capacità di difendersi dai pericoli ambientali, e anche di accorgersi dell’occorrenza stessa delle crisi (condizione che rende incerta la valutazione delle terapie). È perciò un fattore di aggravamento, specie se la coscienza è disturbata fino dall’inizio.
La classificazione delle crisi del 1981, ispirata da Henry Gastaut e ancora praticamente in uso, distingue perciò opportunamente le crisi focali in semplici, a coscienza conservata, e complesse, con disturbo di coscienza.
Crisi parziali semplici
Le crisi parziali semplici si manifestano con sintomi molto variabili, a seconda della zona corticale ove si sviluppa la scarica epilettogena. Le crisi si distinguono perciò a seconda delle manifestazioni cliniche.
Crisi motorie. Le crisi dell’area motoria primaria (corteccia rolandica, da cui la denominazione di crisi rolandiche) possono esprimersi con clonie limitate ad un solo distretto (es. la mano) oppure evidenziare il reclutamento progressivo delle aree corticali contigue, per esempio mano>viso>lingua (crisi o “marcia” jacksoniana), progressione di alto valore localizzatorio. Se sono primitivamente coinvolte le aree corticali premotorie le manifestazioni mostrano caratteri prevalentemente tonico-posturali. I segni motori possono poi esprimersi in diversi modi a secondo dell’interessamento di altre strutture deputate al controllo del movimento: possono essere osservate infatti crisi versive (deviazione laterale della testa ed occhi) da coinvolgimento della corteccia frontale laterale, crisi fonatorie da coinvolgimento della corteccia opercolare, crisi motorie con segni inibitori (inibizione motoria, arresto del linguaggio ecc.) da interessamento alcune aree corticali frontali (per esempio l’area supplementare motoria).
Crisi somatosensitive. Se la crisi ha esordio nell’area sensitiva primaria (corteccia postrolandica), le manifestazioni cliniche sono costituite da sintomi sensitivi elementari (formicolio, senso di addormentamento, sensazione di scarica elettrica, dolore ecc.) localizzate all’emisoma controlaterale. Anche in questo caso può essere presente una marcia jacksoniana sensitiva.
Crisi visive. Sono caratterizzate da manifestazioni allucinatorie lateralizzate elementari (puntini luminosi colorati e in movimento, bagliori, lampi), strutturate (scene, personaggi), o manifestazioni illusionali come rimpicciolimento, ingrandimento e distorsione del campo visivo, denominate micropsia, macropsia, dismorfopsia; possono essere presenti anche sintomi negativi come scotomi, emianopsia ecc.. Nelle allucinazioni elementari la scarica critica coinvolge l’area visiva primaria occipitale (area 16 e 17) controlaterale, negli altri casi interessa la corteccia temporale posteriore e parieto-occipitale.
Crisi uditive. Anche in questo caso compaiono allucinazioni elementari (rumori, suoni), complesse (voci, musiche) o manifestazioni illusionali come allontanamento, amplificazione o deformazione dei suoni. La localizzazione dell’attività critica avviene nelle aree corticali uditive primarie (giri di Heschl, porzione posteriore del giro temporale superiore) e aree circostanti.
Crisi vertiginose. Rare e di difficile diagnosi se clinicamente isolate, si manifestano come impressione di rotazione dell’ambiente esterno o di spostamento del corpo rispetto all’ambiente esterno. È interessata dalla scarica critica la corteccia temporale posteriore, temporo-occipitale e parietale inferiore.
Crisi olfattive e gustative. Note anche come crisi uncinate, sono caratterizzate da illusioni/allucinazioni olfattive e gustative di solito sgradevoli (gomma bruciata, catrame, acido), spesso associate anche se elaborate in aree diverse: nelle crisi olfattive la corteccia frontale basale (giro retto e corteccia orbitaria), nelle crisi gustative l’opercolo parietale.
Crisi vegetative. I segni vegetativi sono molto frequenti nelle crisi e possono presentarsi come sintomo di esordio, anche se spesso compaiono nel corso degli episodi. Le manifestazioni possono essere molteplici ed interessare le pupille (midriasi), la termoregolazione (orripilazione, calore, sudorazione, brividi), il sistema cardiovascolare (pallore o arrossamento del volto, disturbi del ritmo cardiaco, ipertensione o raramente ipotensione), il sistema gastroenterico (sensazioni addominali, ipersalivazione, nausea, eruttazioni, vomito). È molto frequente una strana sensazione allo stomaco che risale verso la gola (nota come “aura epigastrica”), una delle manifestazioni più note della epilessia, che può costituire il sintomo di esordio delle crisi della parte mediale del lobo temporale ma può accompagnare anche crisi che esordiscono dall’opercolo insulare o dalla corteccia prefrontale. Raramente sopravviene un rallentamento del cuore di entità tale da provocare caduta della pressione arteriosa e sincope.
Crisi cognitive e affettive. Sono fra le manifestazioni epilettiche più specifiche. Riguardano la memoria, il flusso dell’esperienza, le emozioni. Il paziente ha la vivida impressione di avere già vissuto o visto la situazione presente (dejà vu e dejà vecu), avverte una improvvisa sensazione di estraneità (jamais vu), di irrealtà (stato sognante), di distacco dalla propria persona (depersonalizzazione) o è pervaso da un ricordo che paralizza la mente (ipermnesia, dismnesia); le crisi affettive consistono nella emergenza improvvisa di uno stato emotivo incontrollabile (rabbia, paura, gioia ecc.). Compaiono spesso attività automatiche involontarie oroalimentari (masticazione, deglutizione), gestuali (grattare, strofinare, manipolare oggetti, ecc.), mimiche, verbali; raramente il comportamento è aggressivo. In tutti questi eventi sono coinvolte le aree temporali laterali e mediali, il giro del cingolo e corteccia basale frontotemporale.
Crisi parziali complesse
Sono crisi con compromissione della coscienza. Il disturbo di coscienza dipende dalla messa fuori funzione delle aree corticali associative, per invasione da parte della scarica critica o per disattivazione del Default Mode Network (vedi sopra). Riuscire a stabilire con sicurezza il livello di coscienza sulla base del resoconto anamnestico è molto difficile e richiede osservazioni e testimonianze molto attente. È verificabile in base alla reattività agli stimoli ambientali e alla capacità memorizzare gli eventi, si manifesta clinicamente con arresto dell’attività in corso, fissità dello sguardo, inadeguata risposta e perdita del ricordo di domande e ordini semplici. Quando è verificata da un osservatore viene definita come rottura o perdita del contatto. Può non raramente passare inavvertita e essere negata dal paziente, ed emergere nelle registrazioni video-EEG integrate dalla interazione con il medico o con il tecnico. Nonostante le difficoltà diagnostiche, la proposta di trascurare il disturbo di coscienza come parametro classificatorio non trova d’accordo molti clinici, che non raramente si considerano soddisfatti se la terapia riesce a impedire che la crisi termini con la perdita di coscienza.
La compromissione della coscienza assume una gravità clinica maggiore quando compare senza preavviso all’inizio dell’episodio, poiché non consente alcuna strategia difensiva. Per questo opportuno è cercare di identificare le crisi complesse con perdita di coscienza iniziale rispetto a quelle in cui la coscienza viene compromessa nel corso dell’episodio, dopo una fase focale a coscienza lucida. Nelle crisi con disturbo di coscienza è frequente la emergenza di automatismi (da cui la definizione di crisi psicomotorie) costituiti da attività verbali, gestuali e mimiche prodotte dalla invasione delle strutture motorie da parte della scarica epilettogena (automatismi critici) o dalla depressione della coscienza (automatismi da liberazione).