La classificazione delle sindromi epilettiche è uno strumento prezioso e in continua evoluzione che consente, nella pratica clinica, di riconoscere e caratterizzare la maggior parte delle epilessie e di definirne la prognosi e la terapia. Una sindrome costituisce un insieme di sintomi e segni, legati ad una comune eziologia, associati in maniera sistematico e non casuale. In epilessia una sindrome viene definita in base a antecedenti familiari, eziopatogenesi (inclusiva di neuroimmagini, dati metabolici, genetica), età di esordio, tipo di crisi, manifestazioni neurologiche associate, alterazioni EEG, prognosi.
In modo analogo alle crisi, le sindromi vengono classificate secondo due grandi assi: le sindromi (o epilessie) generalizzate e le sindromi (o epilessie) focali. In relazione all’etiopatogenesi ognuno di questi due gruppi sarà ulteriormente suddiviso, al suo interno, in forme idiopatiche, sintomatiche, criptogeniche (o probabilmente sintomatiche) e non definite.
Come abbiamo fatto per le crisi, la classificazione internazionale della International League Against Epilepsy (ILAE) è riportata in Appendice come Tabella 8. Utilizziamo qui una classificazione semplificata, lievemente modificata, di maggiore utilità clinica (TABELLA 3).
Generalizzate | |
Idiopatiche | |
assenze dell’infanzia (“piccolo male”) | |
assenze dell’adolescenza | |
epilessia mioclonica giovanile (s. di Janz) | |
grande male sporadico | |
stati di male confusionale dell’adulto | |
Sintomatiche (encefalopatie epilettogene) | |
s. di Ohtahara | |
s. di West | |
s. di Dravet | |
s. di Lennox-Gastaut | |
s. di Landau-Kleffner | |
Focali | |
Idiopatiche | |
a punte centrotemporali | |
epilessia occipitale benigna (s. di Panayotopoulos, s. di Gastaut) | |
epilessia notturna dominante fontale | |
epilessia dominante temporale laterale | |
epilessia dominante temporale mediale | |
Sintomatiche | |
del lobo temporale | |
del lobo frontale | |
del lobo parietale | |
del lobo occipitale | |
della linea mediana (amartoma dell’ipotalamo) |
Sindromi generalizzate idiopatiche
Costituiscono circa 1/3 di tutte le epilessie. Sono età dipendenti e quindi con possibile remissione spontanea; rispondono di solito alla terapia medica, ma nella banda di età critica sono molto spesso farmacodipendenti. In alcune forme (per esempio il grande male al risveglio) la banda di età si prolunga per tutta la vita. La maggior parte esordisce nell’infanzia o nell’adolescenza; più rare le forme ad esordio in età adulta e anziana. Sono geneticamente determinate ma con ereditarietà multifattoriale e antecedenti familiari sparsi e non sistematizzabili.
Le crisi sono di tipo generalizzato (le più frequenti: assenze, mioclonie, crisi tonico-cloniche), Il quadro neurologico e neuroradiologico è normale; l’EEG intercritico è spesso diagnostico, specie nelle registrazioni di 24 ore, e mostra anomalie bilaterali e sincrone che non raramente si attivano con iperpnea, stimolazioni luminose, nelle prime fasi del sonno o risveglio. La attivazione al risveglio del grande male è molto suggestiva della forma idiopatica. È suggestivo pensare che le diverse forme sindromiche rappresentino un “continuum” di un’unica condizione, con diverse modalità di espressione legate all’interazione di più geni e all’effetto ambientale.
Sono riportate le sindromi più rappresentative.
Assenze dell’infanzia (nel passato indicata come “piccolo male”): esordio compreso tra 4-8 anni con crisi di assenza di breve durata ma di frequenza molto elevata (plurigiornaliere), raramente crisi generalizzate tonico-cloniche; EEG con scariche bilaterali di complessi punta-onda a 3 c/s attivati dalla iperventilazione; risposta alla terapia è eccellente, prognosi ottima con risoluzione entro i 15-20 anni. Rara la farmacoresistenza, ma in alcune varianti più frequenti nel sesso femminile (assenze con mioclonie palpebrali o periorali), le crisi meno si dimostrano meno facili da controllare.
Assenze dell’adolescenza: esordio tra i 10-17 anni con crisi di assenza meno frequenti ma di durata più lunga rispetto alla forma dell’infanzia, rare mioclonie, rare crisi generalizzate tonico-cloniche; EEG con scariche diffuse di complessi punta-onda a 3 c/s, meno frequente la attivazione alla iperpnea; risposta alla terapia eccellente; la prognosi è più incerta rispetto alla forma infantile, poiché la presenza di crisi convulsive rende possibili recidive tardive.
Epilessia mioclonica giovanile (sindrome di Janz): esordio tra i 12-18 anni con crisi miocloniche e crisi tonico-cloniche, tipicamente al risveglio (famoso il “segno del caffelatte”: una mioclonia che rovescia la tazza durante la colazione, circa 15 minuti dopo il risveglio); crisi favorite dalla perdita di sonno (prima crisi in occasione della gita scolastica); EEG con scariche diffuse di punta-onda e polipunta-onda a 3.5-6 c/s e con rara ma molto indicativa attivazione al risveglio; frequente fotosensibilità clinica ed EEG: le crisi sono provocate da luci ambientali instabili come una tenda mossa dal vento, il sole fra gli alberi o il sole riflesso sul mare, ed l’EEG è attivato dalla stimolazione luminosa intermittente alla “frequenza magica” di 10-15 lampi/secondo.
Grande male sporadico: esordio tra 6 e 35 anni (picco a 18 anni) con crisi generalizzate tonico-cloniche che possono verificarsi ad ogni ora del giorno (grande male “random”) o prevalentemente al risveglio (grande male al risveglio); possono associarsi “crisi minori” (qualche assenza o qualche mioclonia); EEG spesso normale, talora con alterazioni solo in sonno e – condizione molto specifica – alterazioni entro 10-20 minuti dal risveglio; frequente fotosensibilità.
Stati di male di assenza (confusionali) “de novo” dell’adulto: compaiono in età avanzata come prima manifestazione o come seguito di una epilessia generalizzata giovanile. Gli episodi sono rari e si ripetono con lunghi intervalli, ma sono. di durata assai maggiore rispetto ai tempi abituali della epilessia. Il paziente appare confuso, perde il controllo del proprio comportamento, agisce come un grave demente, dimentica o ignora le esigenze dell’esistenza quotidiana. Può rimanere chiuso in casa inerte e passivo, o vagare senza meta nelle strade per ore; alcune volte le crisi durano giorni o settimane. L’EEG mostra durante l’evento una franca attività epilettiforme diffusa o un rallentamento globale del ritmo di fondo ed è unico strumento diagnostico per questa condizione, che genera molti errori diagnostici. Gli unici altri eventi epilettici così prolungati sono gli stati di male focali dell’epilessia temporale, che mostrano attività critiche lateralizzate.
Altri sottogruppi sindromici che riguardano indirettamente l’adulto, poiché possono rappresentare il primo avviso di una forma genetica a ricomparsa tardiva, sono le convulsioni neonatali benigne, sporadiche o familiari e l’epilessia mioclonica benigna del lattante.
Sindromi generalizzate sintomatiche (encefalopatie epilettogene)
Sono condizioni eterogenee che hanno in comune la ricorrenza di crisi generalizzate (soprattutto assenze atipiche, mioclonie, crisi cloniche, toniche, atoniche e tonico cloniche) cui possono associarsi crisi parziali anche multifocali, rendendo la diagnosi particolarmente difficoltosa. Si associano di solito deficit neurologici e spesso ritardo intellettivo, come mancata acquisizione delle tappe psicomotorie o come regressione delle abilità già acquisite. Si riesce abitualmente a evidenziare, con le neuroimmagini e le investigazioni metaboliche e genetiche, una patologia encefalica plurifocale o sistemica. Rientrano in questo gruppo molte patologie genetiche come le facomatosi (sclerosi tuberosa, la neurofibromatosi, ecc.), le aminoacidopatie, le malattie da accumulo di prodotti metabolici delle cellule nervose, le distrofie della mielina, alcune alterazioni cromosomiche; ma anche patologie acquisite come gli esiti di anossia perinatale grave, di traumi cranici gravi e di meningoencefaliti batteriche, virali o postvacciniche.
Nelle patologie genetiche e metaboliche le manifestazioni cliniche sono età-dipendenti e a esordio di solito infanto-giovanile. Le forme sindromiche sono numerose e le crisi epilettiche stesse, quando evolvono con crisi frequenti e stati di male, diventano a loro volta patogene e possono provocare o aggravare il deficit cognitivo e i segni neurologici. Queste condizioni si definiscono “encefalopatie epilettogene”, a indicare la concorrenza eziopatogenetica di patologia di base ed epilessia. Sono spesso alla base di epilessie catastrofiche, e l’evoluzione peggiorativa può condurre a morte. Nelle patologie acquisite l’età di esordio dipende ovviamente dalla patologia di base. L’EEG mostra un ritmo di fondo destrutturato e anomalie localizzate. multifocali o diffuse.
Le encefalopatie epilettogene evolvono spesso l’una nell’altra, e sfociano in condizioni gravi dell’adolescente e dell’adulto. Vengono elencate le forme più frequenti.
Sindrome di Ohtahara. Compare nei primi tre mesi di vita con crisi toniche, spasmi in flessione, crisi miocloniche, arresto dello sviluppo psicomotorio. L’EEG mostra scariche diffuse frammiste a fasi di depressione dell’attività di fondo, aspetto definito con la dizione inglese di “burst-suppression”. Può evolvere nella forma di West.
Sindrome di West. Esordisce entro il primo anno di vita (picco fra 4 e 7 mesi) con spasmi per lo più in flessione, ma anche in estensione e flesso-estensione, a carico del collo e degli arti, in particolare dei distretti prossimali, associata a severa regressione psicomotoria. Il correlato EEG è rappresentato dalla ipsaritmia, un quadro di completa disorganizzazione dell’attività di fondo, su cui si inscrivono onde lente ed elementi puntuti di elevato voltaggio a morfologia irregolare, esordio multifocale e rapida diffusione sull’intero ambito encefalico. Può evolvere nella forma di Lennox-Gastaut.
Sindrome di Dravet (epilessia mioclonica severa dell’infanzia). Esordisce nel primo anno con crisi convulsive estremamente resistenti, febbrili e non, seguite da crisi focali, unilaterali, tonico-cloniche diffuse, miocloniche, raramente atoniche, in un susseguirsi difficilmente controllabile e frammisto a stati di male ( è un esempio tipico di “epilessia catastrofica”). Spesso sono provocate da febbre, cui i pazienti vanno spesso incontro. Si associano arresto o regressione dello sviluppo psicomotorio, che compaiono dopo lo scoppio della epilessia, verso il secondo anno. La condizione tende comunque a stabilizzarsi dopo il quarto anno. Paradossalmente l’EEG è poco dimostrativo e mostra alterazioni plurifocali e diffuse soprattutto nel sonno. Esitano, oltre al ritardo mentale, stati di iperattività motoria o di tipo autistico, e una epilessia mioclonica resistente. Sembra avere una eziologia specifica, poiché in circa un terzo dei casi sono dimostrabili mutazioni del gene SCN1A che regola i canali del sodio. Può verificarsi la morte non spiegata (SUDEP; vedi sopra).
Sindrome di Lennox-Gastaut. Insorge fra i 1 e i 7 anni e l’eziologia resta ignota in almeno il 40% dei casi. Si manifesta con una tipica triade caratterizzata da crisi epilettiche di differente tipologia (assenze atipiche, crisi toniche, atoniche, miocloniche e tonico-cloniche), ritardo mentale di severità variabile e un tracciato EEG caratteristico (scariche di punta-onda lente a 2-32.5 c/s ad espressione diffusa).
Sindrome di Landau-Kleffner. Anche nota come “afasia epilettica acquisita”, è una rara condizione ad esordio infantile (picco fra 4 e 7 anni) che si caratterizza per la presenza di un disturbo di tipo fasico a decorso progressivo, con andamento fluttuante, incostantemente associato a difficoltà d’apprendimento e ritardo mentale. Il quadro EEG è molto caratteristico, e mostra anomalie subcontinue localizzate sulle aree centrali responsabili delle funzioni linguistiche, con una potente attivazione nel sonno che configura uno stato di male epilettico.
Si tratta di condizioni in cui la semeiologia clinica ed i dati diagnostici definiscono chiaramente l’origine focale delle crisi.
Sindromi focali idiopatiche
Includono epilessie di solito età dipendenti, caratterizzate dalla mancanza di patologie dimostrabili nelle aree responsabili delle crisi, dall’assenza di deficit neurologici e cognitivi, dalla frequente familiarità e da una evoluzione tendenzialmente benigna (non nelle localizzazioni frontali). I geni fino ad ora identificati codificano per subunità dei canali ionici e collocano molte di queste forme nel gruppo delle canalopatie; solo l’epilessia del lobo temporale laterale, autosomica dominante, non sembra legata ad alterazioni dei canali. Gli EEG mostrano un ritmo di fondo ed una organizzazione del sonno normali ma in alcune forme evidenziano anomalie di notevole entità, che per le loro caratteristiche morfologiche, di localizzazione e di ricorrenza appaiono patognomoniche.
Alcune forme esordiscono nell’infanzia, altre in età giovanile o adulta. Sono state fino ad ora identificate e classificate le seguenti sindromi.
Epilessia benigna a punte centro-temporali (o a punte rolandiche). Esordisce fra i 2 e i 15 anni, ed è il prototipo e la più frequente delle epilessie parziali idiopatiche. Le crisi originano dalle strutture corticali opercolari e perisilviane deputate a funzioni motorie e fasiche. Compaiono quasi esclusiva nel sonno e si manifestano con clonie localizzate prevalentemente nella regione orofaciale, disartria, ipersalivazione, talora con tendenza alla generalizzazione. L’EEG mostra punte ripetitive di elevato voltaggio, a localizzazione centrale, marcatamente facilitate nel sonno. Le crisi rispondono alla terapia, ma necessitano nelle fasi attive di una copertura farmacologica intensiva. Il carattere benigno si rivela perciò, più che nella risposta terapeutica, nella evoluzione spontaneamente migliorativa, con regressione delle crisi entro i 15-20 anni. Viene da molti discussa la opportunità di terapia, giustificata talora solamente dall’ansia parentale.
Epilessia occipitale benigna. Più rara della forma centro-temporale, la sintomatologia clinica prevalente è vegetativa e visiva, ed esprime l’interessamento delle aree posteriori di un lato. Vi sono due forme cliniche, una più precoce (sindrome di Panayoutopoulos), con esordio fra 1 e 14 anni e crisi a semeiologia prevalentemente vegetativa, specie nausea e vomito; vi è spesso compromissione della coscienza e deviazione degli occhi. Caratteristiche sono la presenza di cefalea all’inizio degli attacchi e la lunga durata delle crisi, in metà dei casi da 30 minuti a più ore. La forma più tardiva (sindrome di Gastaut) esordisce fra i 3 e i 20 anni con crisi prevalentemente visive, costituite da allucinazioni elementari di luci multicolori in movimento, della durata di pochi minuti, a coscienza usualmente conservata. Vi può essere cefalea post-ictale. Ambedue le forme mostrano parossismi EEG occipitali facilitati dal sonno ed hanno una buona prognosi, con regressione delle crisi entro pochi anni dall’esordio.
Epilessia notturna autosomica dominante del lobo frontale. Esordisce fra i 10 anni e l’età adulta, ed è caratterizzata da grappoli di crisi notturne motorie, con manifestazioni distonico/ipercinetiche (vengono definite “crisi ipermotorie”). Le crisi possono essere scambiate per fenomeni accessuali del sonno di origine non epilettica ma sono spesso talmente eclatanti da suscitare il sospetto di eventi psicogeni. Sono brevi ma si ripetono anche 20-30 volte durante la notte. La coscienza è conservata. L’EEG può essere normale anche durante la crisi, poiché l’origine della scarica è spesso profonda o situata nella parte mediale del lobo frontale. Anche l’esame neurologico e le neuroimmagini sono solitamente normali. La forma è genetica, autosomica dominante a bassa penetranza. Sono state identificate mutazioni dei geni CHRNA4 e CHRNB2 posti rispettivamente sul cromosoma 20 q e 15q, che codificano i recettori alla acetilcolina. La prognosi non è buona, poiché le crisi, anche se tendono ad attenuarsi con l’avanzare degli anni, durano spesso per tutta la vita, e rispondono poco alle terapie. Il farmaco di elezione è la carbamazepina.
Epilessia autosomica dominante del lobo temporale laterale. Esordisce nell’età adolescenziale o giovanile. Le crisi indicano al elettiva compromissione della parte laterale del lobo temporale, e sono caratterizzate da allucinazioni uditive elementari, vertiginose, visive, disfasiche e, meno frequentemente, psichiche ed esperienziali. Sono usualmente brevi, rare con una buona risposta alla terapia e quindi a buona prognosi. L’EEG mostra in genere reperti normali o rare anomalie, prevalentemente lente, localizzate nelle parte posteriore del lobo temporale; risonanza normale. La forma è geneticamente determinata da mutazione del gene LGI1 (sito sul cromosoma 10q24).
Epilessia del lobo temporale (mediale). Esordisce nell’adolescenza o nell’età giovanile. Le crisi indicano la prevalente compromissione della porzione mediale del lobo temporale, e sono caratterizzata da manifestazioni cognitive (già visto, già vissuto, estraneità), emozionali (paura, panico), sensoriali (distorsioni della visuale o dei suoni, formicolio, senso di addormentamento). Vi possono essere segni vegetativi ma non aura epigastrica risalente. L’EEG può mostrare alterazioni nella regione temporale, facilitate dal sonno. La risonanza è normale. Viene considerata una forma genetica, autosomica dominante a bassa penetranza. Si differenzia dalle forme di epilessie temporali secondarie a sclerosi ippocampale per la possibile familiarità, la mancanza di fattori di rischio quali convulsioni febbrili infantili prolungate, il raro riscontro di atrofia dell’ippocampo, la buona risposta terapeutica. La forma attende ancora una precisa definizione sindromica e genetica.
Sindromi focali sintomatiche o probabilmente sintomatiche
Questo gruppo include le forme in cui una lesione cerebrale dimostrabile o presumibile appare responsabile delle crisi, e rappresenta la più frequente categoria di epilessie. In relazione alla origine topografica delle crisi possono essere distinte come epilessie dei lobi temporale, frontale, parietale ed occipitale e epilessie della linea mediana (amartomi dell’ipotalamo).
L’età di comparsa riflette come è logico l’età di sviluppo della lesione responsabile delle crisi, ma avviene frequentemente che una lesione stabilitasi in epoche precoci o addirittura alla nascita o nella vita fetale impieghi anni o decenni per sviluppare il suo potenziale epilettogeno. Come si è ricordato nella sezione “fisiopatologia” i neuroni sono entità dinamiche e anche se - a differenza di altre cellule dell’organismo come le cellule della cute o del sangue non sono in grado di riprodursi (o si riproducono in maniera limitata e solo in alcune zone privilegiate, fra cui l’ippocampo) – possono generare prolungamenti e creare nuove sinapsi. Si formano così nuovi circuiti che diventano epilettogeni solo dopo una lunga fase di maturzione. L’esempio più noto è l’epilessia del lobo temporale mediale, in cui una lesione stabilitasi alla nascita (per un deficit di ossigenazione) o nei primi anni di vita (per una sequenza di convulsioni febbrili) provoca le prime crisi nella seconda o terza decade di vita.
La eziologia include tutte le patologie cerebrali (vedi sopra la sezione “eziologia nelle varie età”).
Le manifestazioni cliniche delle crisi variano in relazione ai diversi lobi coinvolti e, ancor più specificatamente, alle diverse strutture lobari invase dalla scarica critica, cioè ai differenti circuiti coinvolti. Le prognosi sono variabili, in rapporto alla natura e al tipo di lesione sottesa, al “network” epilettogeno correlato e alla sua posizione nello spazio tridimensionale dell’encefalo, che ne condizione la operabilità. La terapia farmacologica, uguale per tutte le epilessie focali, va mantenuta quasi sempre per tutta la vita.
Epilessia del lobo temporale. Il lobo temporale è il terreno ideale per lo sviluppo della epilessia, e quello ove si strutturano la maggior parte delle crisi epilettiche dell’adulto. Il motivo principale è la sua costruzione anatomica, la suscettibilità di alcune zone alla carenza di ossigeno e la possibilità quasi unica per l’encefalo di generare nuovi neuroni. Non ultimo, il notevole rimaneggiamento che le strutture temporali mediali subiscono nella sviluppo fetale e la conseguente maggiore frequenza di patologie malformative.
L’encefalo dei vertebrati si è costruito nel corso di una lunga storia evolutiva iniziata circa 500 milioni di anni fa. Nel passaggio dai pesci ai rettili ai mammiferi e poi ai primati, il cervello non ha rinunciato alle sue originali strutture, ma ha continuato a sovrapporre nuovi circuiti su quelli già presenti, come nella costruzione di una città pietre, mattoni, fondamenta e archi vengono riutilizzati per i nuovi edifici. Il lobo temporale conserva le strutture più arcaiche, quelle della memoria (il mattone fondamentale per elaborare una storia individuale) e quelle dell’olfatto (il primo approccio sensoriale alla conoscenza dell’ambiente), strutture arrotolate su se stesse (come l’ippocampo) e a circuiti paralleli (come le aree olfattive). L’ippocampo è un territorio vascolare di frontiera dei vasi terminali della cerebrale posteriore, e come tutti le aree di frontiera è più sensibile alla ischemia. Inoltre possiede una delle poche zone (la zona subgranulare del giro dentato) in cui si generano nuovi neuroni in età adulta. Tutte queste sono condizioni ideali per costruire circuiti che si autoalimentano strutturando scariche ripetitive.
Il lobo temporale è diviso in due zone che rispecchiano due tempi evolutivi: la porzione mediale, arcaica, che contiene la corteccia entorinale e paraippocampale, il giro dentato e l’ippocampo vero e proprio, costituito da corteccia a tre strati (allocorteccia) filogeneticamente antica, che sottende funzioni dell’olfatto, della memoria e delle emozioni e regola le funzioni vegetative; e una porzione laterale, che comprende le tre circonvoluzioni inferiore, media e superiore, costituita da corteccia a sei strati (neocorteccia) filogeneticamente più recente, che sottende funzioni dell’udito e del linguaggio. È evidente da quanto si è detto che è la porzione mediale, che contiene l’ippocampo, quella privilegiata dalle scariche epilettiche. L’ippocampo può essere in effetti definito “l’anello magico dell’epilessia”. Vi sono perciò due grandi categorie di epilessia temporale, la mediale e la laterale con molti scambi fra di loro dovuti alla contiguità territoriale.
Epilessia temporale mediale (o con un grecismo molto utilizzato nella letteratura epilettologica americana, mesiale). La patologia più frequente, e in assoluto la più comune causa di epilessia, è la sclerosi dell’ippocampo. Si forma in seguito a fasi anche brevi di anossia cerebrale, evento a rischio alla nascita, nel passaggio dalla circolazione placentare a quella polmonare, quando un ritardo nella fase di espulsione del feto può interrompere per parecchi minuti la ossigenazione del sangue, e l’ippocampo è la prima struttura a soffrirne. Una seconda condizione sono le convulsioni febbrili dei primi tre anni, in cui le scariche convulsive privilegiano l’ippocampo e zone limitrofe e in cui il consumo di energia provoca un danno da iperattività (denominato glutammatergico a causa del mediatore glutammato coinvolto). Si verifica la perdita di molti neuroni e si attivano, nei mesi e anni successivi, la gemmazione di nuove fibre, la genesi di nuovi neuroni e la formazione di sinapsi e di nuovi circuiti ricorrenti. Altre eziologie sono i tumori benigni (astrocitomi, gangliocitomi, tumori disembrioplastici neuroepiteliali, noti con l’acronimo inglese DNET), le malformazioni vascolari (angiomi cavernosi) o della corteccia (displasie focali). Le manifestazioni cliniche sono caratterizzate da segni vegetativi: il più comune è l’aura epigastrica, una sensazione fastidiosa di pressione che dalla regione dello stomaco sale verso la gola (il più frequente sintomo epilettico in assoluto); ancora salivazione, nausea, pallore. Inoltre segni esperienziali (già visto, già vissuto, mai visto, estraneità, stato sognante, depersonalizzzazione), psichici (paura, ansia, rabbia), sensitivi (sapori e odori strani). La coscienza è generalmente compromessa e emergono automatismi oroalimentari (succhiare, masticare, deglutire), gestuali (espressioni mimiche, manipolazioni di oggetti), verbali (suoni o parole), raramente ambulatoriali. La crisi più tipica evolve con aura epigastrica, paura (“ho paura che mi venga la crisi”, riferisce il paziente), confusione, masticazione (movimenti della mandibola come con una caramella in bocca, che gli epilettologi francesi definiscono “machonnement”). La prognosi non è buona, poiché circa un paziente su tre non risponde alle terapie mediche e diventa un possibile candidato alla resezione chirurgica dell’area epilettogena. La precoce comparsa di automatismi verbali è molto importante clinicamente e va sempre investigata, poiché denota la rapida invasione dei centri della parola e rende maggiormente a rischio la terapia chirurgica.
Epilessia temporale laterale. Le cause sono le stesse della forma temporale mediale. La sclerosi ippocampale non costituisce la eziologia principale, come nella forma mediale, ma è ancora presente poiché in alcuni casi la sclerosi tissutale coinvolge anche strutture laterali da dove prende avvio la crisi clinica. Le manifestazioni sono sensitive acustiche, vertiginose, esperienziali e cognitive; inoltre in qualche caso la crisi inizia con sensazioni epigastriche risalenti. Le manifestazioni motorie hanno caratteri più elementari e accanto agli automatismi sono presenti posture distoniche dell’arto superiore, movimenti clonici degli arti controlaterali, lateroversione del tronco; nei focolai dell’emisfero dominante sono frequenti gli automatismi verbali. La coscienza è compromessa. La prognosi non differisce dalla forma mediale.
Epilessia del lobo frontale. Il lobo frontale è la struttura filogeneticamente più recente, sviluppata soprattutto nei primati e nell’uomo. Conserva, nella corteccia rolandica anteriore (la circonvoluzione posta al davanti del solco di Rolando) e nelle aree subito anteriori, le strutture motorie elementari di primo e secondo ordine,e nella porzione basale aree filogeneticamente antiche a funzione olfattiva e di regolazione delle emozioni. Tipiche dell’uomo sono le strutture di produzione del linguaggio, sviluppate nella parte laterale e lateralizzate a sinistra per le componenti propositive e a destra per le componenti emotive del linguaggio nonché le strutture della porzione anteriore (corteccia prefrontale) che controllano il comportamento e le azioni dirette a uno scopo, nelle loro componenti cognitive con la porzione dorsolaterale e nelle componenti emotive con la porzione ventromediale.
Le crisi a partenza frontale sono molto meno frequenti delle crisi temporali, ma hanno numerose possibilità di espressione. Le crisi dell’area motoria primaria si manifestano con clonie focali controlaterali, che possono propagarsi lungo la corteccia in maniera progressiva coinvolgendo dita, mano, labbra, arto superiore e l’intero emicorpo controlaterale (crisi jacksoniana, dal neurologo inglese Huglings Jackson che le ha descritte).
L’interessamento delle strutture fronto-mesiali (area premotoria, in particolare la supplementare motoria, e il giro del cingolo) determinano movimenti molto più complessi, bilaterali, asimmetrici, con assunzione di posture abnormi e, talora, con automatismi degli arti paragonabili ai movimenti del nuoto, del pedalare e dello scalciare. Si accompagnano a espressioni mimiche esagerate e a vocalizzazioni primitive (grugniti, brontolii, raschiamento della gola). Gli automatismi sono differenti da caso a caso ma sempre uguali nel singolo paziente. Queste crisi, le più tipiche dei focolai frontali, vengono denominate “crisi ipermotorie”, sono spesso notturne, brevi, con inizio e fini brusche e frequenti, a coscienza di solito conservata e senza confusione postcritica; con andamenti a grappolo. Sono quindi molto simili alle crisi dell’epilessia frontale idiopatica autosomica dominante. La carbamazepina è il farmaco di elezione, ma la risposta alla terapia è incerta.
Poiché la corteccia supplementare motoria è un area con funzioni di integrazione sensorimotorie possono comparire sensazioni curiose quali pressione sul capo e sul tronco, leggerezza, levitazione, vertigine. Il coinvolgimento delle aree del linguaggio si manifesta con vocalizzazioni elementari o con arresto del linguaggio. La coscienza è di solito risparmiata. Nelle crisi della corteccia anteriore compaiono “pensiero forzato” (cioè una idea o immagine mentale che si impone con forza irresistibile e brusche sospensioni della coscienza simili alle assenze, con deviazione controlaterali degli occhi e del capo) e altre alterazioni cognitive (depersonalizzazione, ecc). Nelle origini frontobasali possono comparire sensazioni olfattive e gustative, segni vegetativi e talora anche sensazioni epigastriche, automatismi.
Epilessia del lobo parietale. Il lobo parietale possiede funzioni elementari sensitive localizzate nella corteccia posta dietro al solco centrale di Rolando (corteccia post-rolandica) e riguardanti le sensazioni somatiche della metà opposta del corpo (tatto, posizione e movimento degli arti, vibrazione, caldo e freddo, dolore). L’area sensitiva è delimitata posteriormente dal solco intraparietale che la separa dalla porzione posteriore del lobo, formata da corteccia associativa: questa zona, che si continua in maniera indistinta con la corteccia associativa temporale e occipitale, e l’area più ricca di funzioni neurologiche “superiori” dell’intero mantello corticale (organizzazione dello spazio, riconoscimento delle forme degli oggetti, consapevolezza del proprio corpo, attenzione selettiva, capacità di calcolo e a sinistra pianificazione delle strategie motorie e decifrazione delle componenti grammaticali e sintattiche del linguaggio).
Le crisi più frequenti sono quelle dell’area somatosensoriale e sono costituite da sensazioni di formicolio, addormentamento, strisciamento, costrizione, caldo, freddo e talora dolore localizzate nella metà opposta del corpo, con maggiore frequenza sul volto, sul pollice e sulle dita della mano, cioè sulle zone che possiedono la più estesa rappresentazione in corteccia. La sensazione può spostarsi lungo il corpo in una marcia simile a quella motoria (crisi jacksoniane sensitive). Compaiono più raramente sensazioni di modificazione della posizione e di movimento degli arti, oppure di dislocazione del corpo o di vertigine. Talora blocco della comprensione del linguaggio o distorsione della visione con allontanamento o avvicinamento degli oggetti. Trattandosi di eventi soggettivi sono necessarie la conservazione della coscienza e resoconti accurati, con il rischio di scambiare gli eventi epilettici con manifestazioni psicogene. La eziologia e la terapia non differiscono dalle altre crisi focali ; la zona è una delle sedi più frequenti di angiomi artero-venosi.
Epilessia del lobo occipitale. Comprende le aree primarie e secondarie visive, localizzate nella porzione mediale del polo occipitale e nelle zone circostanti della corteccia occipitale laterale, e aree a funzione associativa che si continuano con la corteccia associativa temporoparietale e che sono deputate a sinistra alla decifrazione del linguaggio scritto e dei simboli visivi (per esempio la segnaletica stradale), a destra all’orientamento spaziale e bilateralmente al riconoscimento degli oggetti e dei volti, all’orientamento visivo e alla organizzazione dei movimenti oculari.
Le crisi più frequenti sono costituite da allucinazioni visive elementari, consistenti in pallini, striscie o spirali colorate che si spostano con moto circolare occupando una zona del campo visivo contralaterale, per una durarta di decine di secondi o uno-due minuti. Si possono associare movimenti coniugati degli occhi. La coscienza è conservata. Se il circuito coinvolto interessa la porzione di confine con le aree associative parietotemporali possono comparire allucinazioni complesse riguardanti scene o oggetti. Talora la crisi determina offuscamento della vista. Può seguire cefalea con maggiore frequenza che nelle crisi di altri lobi. Le crisi visive vanno differenziate dalle aure emicraniche, che sono caratterizate da allucinazioni visive non colorate, a zig zag, intermittenti, che si spostano e si allargano a macchia d’olio nel campo visivo partendo da una zona periferica ma non hanno moto spirale, lasciano una zona cieca e durano dai 10 ai 20 minuti.
La eziologia non differisce dagli altri lobi; eziologie caratteristiche anche se rare sono le calcificazioni secondarie al morbo celiaco, la angiomatosi encefalo-trigeminale (malattia di Sturge-Weber), gli esiti della eclampsia.
Epilessia da amartoma ipotalamico. L’ipotalamo è una zona posta al centro dell’encefalo, attorno al terzo ventricolo deputata a funzioni di regolazione autonomica e endocrina. Sviluppa una forma di epilessia esclusiva e caratteristica che compare negli amartomi (tumori malformativi costituiti da tessuto neuronale e gliale) di questa zona ed ha come principale caratteristica crisi di risata immotivata ed improvvisa (le cosiddette crisi gelastiche) o, anche se molto raramente, crisi di pianto improvviso (crisi dacristiche). Questa epilessia può avere talora una evoluzione catastrofica, con comparsa di crisi di caduta o evoluzione verso una encefalopatia.
Altre entità sindromiche. Una forma particolare di epilessia frontale da interessamento delle regioni rolandiche è la sindrome di Kojewnicow, definita anche epilepsia partialis continua, caratterizzata da clonie subcontinue a carico dell’emisoma controlaterale, espressione di stato di male focale motorio (vedi oltre). La forma è spesso secondaria a lesioni di natura malformativa (displasie corticali). Un’altra entità nosografica assimilabile per quadro clinico alla precedente è la encefalite (o sindrome) di Rasmussen, una patologia immunomediata con presenza nel sangue di anticorpi diretti verso il recettore del glutammato (anticorpi antiGlu3). È caratterizzata dalla associazione di epilessia parziale continua, emiparesi, disturbi cognitivi e reperto di risonanza di progressiva emiatrofia cerebrale. Più frequente in età infantile, richiede, oltre ai farmaci antiepilettici, un trattamento immunomodulante (plasmaferesi, Ig ev, steroidi) e, nei casi resistenti e in rapida progressione, di terapia chirurgica (spesso emisferectomia).