Nell’interpretare un evento parossistico il processo diagnostico deve innanzitutto stabilire se l’evento (spesso un disturbo improvviso della coscienza) è ascrivibile ad una crisi epilettica o a un fenomeno accessuale di altra natura. Molte sono infatti le condizioni che possono determinare eventi improvvisi e di breve durata, riferiti con sintomi e segni simili alle crisi epilettiche. Fra queste le sincopi (di origine cardiaca, da alterata reazione vagale, da ipotensione ortostatica, ecc), i disturbi cerebrovascolari (attacchi ischemici transitori carotidei, le ischemie vertebrobasilari con “drop attack”, amnesie globali transitorie), i disturbi del sonno (pavor nocturnus, sonnambulismo, apnee notturne), la narcolessia (crisi narcolettiche e cataplettiche), i disturbi tossico-metabolici (crisi ipoglicemiche, intossicazioni da sostanze, crisi tetaniche da ipocalcemia), i disordini del movimento (crisi dislettiche, discinesie, distonie, corea parossistica, cadute nei parkinsonismi), le vertigini parossistiche (malattia di Meniére, vertigini posizionali), l’emicrania (emicrania con aura, emicrania basilare, cefalea a grappolo), i dolori parossistici (nevralgie trigeminali e glossofaringea), e infine le crisi psicogene (attacchi di panico, pseudocrisi, simulazioni) e le cadute occasionali non spiegate. Se la crisi consiste in un disturbo improvviso della coscienza o una caduta non chiarita i principali eventi da escludere sono le sincopi, e in seconda istanza le cadute occasionali, i “drop attacks”, le intossicazioni da sostanze, le crisi ipoglicemiche, le crisi cataplettiche; se la crisi è focale i dubbi principali riguardano gli attacchi ischemici, i disordini del movimento, le aure emicraniche. Gli eventi psicogeni devono sempre essere l’ultima opzione.
Il resoconto del paziente e degli accompagnatori e la raccolta accurata della storia clinica sono il fondamento della diagnosi. È cruciale il numero degli episodi osservati o riferiti (la prima crisi è raramente convincente) cosi come la precisione delle descrizioni. La diagnosi differenziale diventa difficile nel bambino e nelle persone di bassa scolarizzazione o dotate di scarsa capacità di osservazione e espressione o di poca memoria. Può essere utile, ma non sempre fattibile, proporre al paziente ed agli osservatori di riprendere con video amatoriali o con il telefono cellulare gli eventi accessuali. Gli errori e le incertezze diagnostiche sono frequenti; temporeggiare è utile per la diagnosi ma non è sempre utile per il paziente. Elementi indicativi di epilessia sono esordio acuto, breve durata, occorrenza imprevedibile, fattori provocativi specifici come luci intermittenti o il risveglio, interferenza con le attività quotidiane, somiglianza dei successivi episodi, frequente compromissione della coscienza, commistione di eventi motori (scosse) e vegetativi (scialorrea e perdita di urine), caduta traumatiche. Molti elementi emergono solo con il ripetersi delle crisi, proprio quello che i pazienti vogliono evitare. Le principali patologie che possono condividere similitudini cliniche con l’epilessia e le rispettive caratteristiche differenziali sono riassunte nella TABELLA 4.
Crisi Epilettica | Sincope | TIA | AGT | Metabolica | Psichiatrica | |
---|---|---|---|---|---|---|
Sintomi premonitori | nessuno vs.”aura” | nessuno vs. nausea-vomito, ”malessere” | nessuno | nessuno | nessuno | Nessuno |
Esordio | acuto | variabile | acuto | acuto | acuto | Variabile |
Durata | 1-2 minuti | Secondi-minuti | minuti - ore | ore | minuti - ore | minuti - ore |
Pattern motorio | movimenti tonico-clonici | mioclonie, perdita di tono | deficit neurologico | nessuno | variabile, mioclono, tonico-clonico | variabile, talora con segni bizzarri |
Incontinenza | variabile | nessuna | nessuna | nessuna | nessuna | nessuna |
Frequenza cardiaca | aumentata o diminuita | variabile | normale | normale | normale | normale |
EEG | Pattern epilettiforme | attività lenta diffusa | normale o attività lenta focale | attività lenta (rara) | attività lenta diffusa | normale |
Trauma | morsus o ecchimosi | ecchimosi o fratture | nessuno | nessuno | raro | nessuno |
Fase post-ictale | confusione, sonno | vigile o lieve confusione | vigile | vigile | vigile quando trattato | vigile |
TIA: Attacco ischemico transitorio; AGT: amnesia globale transitoria
Raggiunta la convinzione della natura epilettica dell’evento, è necessario stabilire subito se si tratti di crisi sintomatiche di una malattia acuta in atto (per esempio una encefalite, una meningite o un evento emorragico cerebrale in progressione) o se le crisi sono espressione di una condizione epilettica cronica o che può cronicizzarsi. Bisogna mettere assieme rapidamente anamnesi, EEG, risonanza, esami di laboratorio e cercare di definire tipo di crisi, tipo di sindrome epilettica, causa e infine condotta terapeutica.
L’elettroncefalografia (EEG), cioè la registrazione della attività elettrica cerebrale mediante elettrodi posti sullo scalpo, fornisce informazioni insostituibili. Le attività patologiche dell’EEG di veglia sono onde lente e anomalie parossistiche o specifiche. Le onde lente (attività da 0.5 a 5 c/s, definite onde theta e delta) indicano in maniera molto generica una sofferenza cerebrale focale o diffusa. Solo le anomalie parossistiche (punte, onde puntute, polipunte, complessi punta-onda o polipunta-onda) sono indicative di epilessia. Possono mostrare distribuzione focale o diffusa, ma a meno che le crisi siano molto frequenti le anomalie sono eventi rari e casuali, difficili da osservare in un esame standard, che dura da 30 a 60 minuti. Raramente il paziente si addormenta spontaneamente durante il tracciato, evento favorevole poiché le anomalie tendono ad attivarsi nella fase iniziale del sonno; per facilitare l’addormentamento si può registrare il tracciato dopo deprivazione di sonno. La casualità delle alterazioni rende molto utili le registrazioni di 24 ore, con il paziente libero di muoversi nell’ambiente domestico (EEG dinamico o ambulatoriale). L’esame è significativo non solo per la osservazione prolungata ma la registrazione di una intera notte di sonno e del risveglio; il tracciato è molto ricco di artefatti, ma l’interpretazione è sempre possibile.
L’EEG viene di solito registrato negli intervalli fra le crisi e raccoglie quindi attività intercritiche; può capitare di registrare una crisi (attività critica), evento più facile se le crisi sono frequenti e nelle registrazioni di 24 ore. Le anomalie parossistiche durante una crisi mostrano un andamento ritmico e una evoluzione, con una progressiva modificazione morfologica e topografica L’attività EEG critica può essere focale o generalizzata; nelle crisi focali le alterazioni tendono a propagare dall’area di origine alle regioni circostanti o alle aree omologhe controlaterali; nelle crisi generalizzate possono mostrare una evoluzione o mantenere, come nelle crisi di assenza, un sostanziale monomorfismo e una distribuzione fin dall’inizio generalizzata. Si usa sempre di più nell’esame standard in laboratorio la registrazione simultanea EEG e video (video EEG). L’osservazione occasionale di una crisi consente di raccogliere i segni clinici. Può capitare di osservare una crisi solamente nell’EEG: non sempre le crisi hanno una espressione clinica, informazione già di per sé utile.
L’EEG è utilizzato per confermare la diagnosi di epilessia, classificare il tipo di crisi, localizzare l’area epilettogena (in particolare nei candidati all’intervento chirurgico); inoltre è utile per quantificare le attività patologiche (critiche ed intercritiche) e supportare la decisione di un eventuale riduzione/sospensione della terapia, funzione per la quale è indispensabile la registrazione di 24 ore. Bisogna ricordare che un reperto normale, anche in registrazioni ripetute, è riscontrabile nel 10-20% dei pazienti con epilessia e viceversa un reperto patologico può essere osservato nel 1-2% di soggetti senza storia di epilessia; questa percentuale aumenta fino al 45% nel caso di parenti di primo grado di pazienti con epilessia generalizzata idiopatica.
Le neuroimmagini morfologiche, in particolare la risonanza encefalica, è un altro elemento essenziale nell’approccio diagnostico all’epilessia. La TC è meno utile, se non per specifiche condizioni come le calcificazioni cerebrali o se vi sono controindicazioni alla risonanza. La risonanza permette di identificare le patologie che sottendono l’epilessia ed è fondamentale per la diagnosi etiologica. La sensibilità dell’esame risonanza aumenta in utilizzando magneti ad alto campo e parametri specifici, se si tiene conto delle indicazioni cliniche e se viene interpretato da neuroradiologi esperti. La continua evoluzione tecnica (potenza dei magneti, parametri di acquisizione adeguati, analisi successive alla acquisizione) sta riducendo la percentuale di epilessie ad etiologia sconosciuta.
Le neuroimmagini funzionali (SPECT, PET, risonanza funzionale o fMRI, risonanza spettroscopica o MRS) forniscono informazioni non solo sulla struttura ma sulle attività cerebrali, in particolare nelle strutture interessate dai processi epilettici. La SPECT fornisce dati funzionali attraverso la perfusione cerebrale, la PET attraverso il metabolismo del glucosio, fMRI attraverso il segnale BOLD (basato sull’aumento del flusso cerebrale e una modifica del rapporto emoglobina/desossiemoglobina nelle aree attive), la risonanza spettroscopica attraverso la modifica di specifici metaboliti. Queste tecniche, fondamentali per la ricerca scientifica, sono utili in casi specifici anche nella pratica clinica, per esempio nella localizzazione del focolaio epilettogeno in fase prechirurgica.
Altri metodi di indagine. L’esame del liquor è utile in tutti i sospetti di patologia encefalica infiammatoria; gli esami di laboratorio e gli altri esami di routine, assieme alle investigazioni specifiche, sono necessari nelle patologie di organo. Nelle epilessie idiopatiche sono diventati necessari i test genetici, che consentono la definizione della sindrome epilettica e una precisa indicazione prognostica.